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Archivia Giugno 27, 2021

Il concetto di immagine-movimento

Bergson non è solo il filosofo della “durata”, ma anche del concetto di “immagine-movimento”. E’ lui a scrivere che i movimenti della materia non sono così difficili da capire, sono già chiarissimi come immagini.  La tradizione filosofica si è sempre dovuta confrontare in maniera complicata con il movimento (Achille supererà la tartaruga?, il movimento è divisibile?, le idee sono immutabili ma permettono il divenire? etc etc).

Gli sviluppi della scienza non fanno che confermare l’intuizione bergsoniana per cui pensare in termini di immagini-movimento, anziché in termini di “sostanze” e staticità, ci consente di elaborare dei concetti al limite delle nostre capacità intellettuali, ma proprio per questo capaci di maneggiare con ciò che sfugge al nostro pensiero, il movimento continuo. (per questo il titolo Le Frontiere ci sembrava il più adeguato).  Siamo sempre fermi al buon vecchio Kant e ai suoi limiti trascendentali: è possibile conoscere la “cosa in sé” aldilà del “fenomeno”?

Con “immagine” noi intendiamo una Forma (Gestalt la chiamano i fenomenologi), un’organizzazione della percezione, può essere quindi anche un suono, o un odore.

La dinamica del sogno ci offre diversi spunti: in un sogno tutto cambia continuamente e si contraddice senza seguire la logica proprio perché a manifestarsi sono immagini, percezioni, ma senza un controllo vigile. Bergson ci invita semplicemente ad affrontare le cose così come ci appaiono, e a mettere in questione la coscienza umana, considerandola come una delle tante funzioni vitali sviluppabili da un essere vivente, e quindi meritevole di indagine filosofica al pari di qualunque altro fenomeno.

In altre parole, venendo a mancare la presunzione di poter fondare un principio primo, viene anche a mancare la fiducia nella coscienza come strumento base per una conoscenza assoluta. Una vera analisi filosofica conoscitiva (ontologica-gnoseologica) dovrà abbandonare qualunque fede assoluta e interrogare “l’infinito” (il quale non ha di certo bisogno di una coscienza umana consapevole per essere tale), anziché de-finirlo.

Il fascino del sogno è di letteralmente “fotografare” il divenire. Sembra proprio che nel sogno emerga una sorta di fotografo interiore che si mette a scattare delle pose del divenire percettivo (come tale in realtà sempre sfuggente). Ma come mai compare questo fotografo? Quali sono le ragioni della sua frenetica attività? Che non sia proprio quella di compensare le deficienze della nostra vita cosciente, troppo concentrata sul “qui e ora”?

Foto: una scena di “Soul”, film animazione della Disney Pixar 

What is a movement-image? 2° Intro

As we said on “Cinema according to “The Frontiers” we consider cinema because we can leave our static way to consider reality. The philophical tradition has always tried to face our limits of perception (Shall Achille overcome the turtle? How platonic ideas are immutable? and so on…)

Moreover the progress of science show us a dynamic reality in which traditional “substances” and staticity are are not more useful to understand the essence of things. We are always here, triyng to manage with limits of our perception and awareness, and hoping to understand more about our place in the universe. This is why the title “The Frontiers” seems the most suitable to express what we are talking about.

Firstly we have to clarify what we mean with “image”. We consider it as it is: an “organization of perception” (Gestalt as phenomenologists like to call). It can be also a sound, or a smell.

When we are awake we think in terms of “staticity” because we need it to survive but the real nature of “perception” is a continuos movement. This is why when we dream there is more “perception” than we are used to think: everything is without logic because external perception are confused with internal “past perceptions”.  This happens because each “present perception” never ends. It is what Leibniz (before Freud) called unconscious considering our perception of waterfall or seaside in which each wave is perceived only unconscoiusly. This is also why psycoanalysis plays with language and his connection with this contradicting and confused world. And why for a psycoanalist is more important the “signifiant” than “significance”, because “signifiant” indicate to us the direction of our psyche.

A contradictory dreamlike image is a photo of this “becoming” and this is why it can give us more information about our self than anything else.

 

Photo: a scene taken by “Soul”, film animation by Disney Pixar

“Film” con Buster Keaton | La “percezione” dell’identità

Un film che aiuta a riflettere sulla relatività della percezione è “Film” di Samuel Beckett. L’ironia della sorte vuole che l’unico film realizzato dal drammaturgo teatrale sia proprio un tentativo sperimentale di indagare i limiti della nostra percezione.

Bergson scriveva che un essere vivente percepisce in funzione dei propri interessi vitali. Per questo motivo definisce la percezione un’operazione di découpage (taglio) e considera la materia una percezione totale e diffusa. Un essere vivente si dispone invece sul piano di materia come una lastra nera e riflette in funzione del proprio spazio d’esitazione e d’azione. Un insetto, ad esempio, dispone di uno spazio d’esitazione minore rispetto a un animale più sviluppato.

“Film” di Samuel Beckett affronta il fenomeno percettivo più umano che ci sia, quello su cui costruiamo la nostra identità. Il protagonista è un uomo con un occhio bendato intento a fuggire dagli sguardi. Una volta ritrovatosi da solo in una stanza riesce a concedersi un attimo di riposo e a chiudere gli occhi ma quando li riaprirà ritroverà se stesso intento a guardarlo. Lacan a proposito dell’identità scriveva che un bambino sviluppa la coscienza di sé attraverso lo sguardo dell’Altro nello specchio. Il paradosso di questo fenomeno è l’impossibilità di distinguere me dagli altri in quella che Lacan definiva la “funzione sguardo”.

In questo film Deleuze scrive che possiamo vedere all’opera l’immagine-percezione arrivare al proprio limite. Il film comincia con un’immagine-azione che è in realtà una percezione d’azione, la percezione della propria fuga. L’angolazione non supera i 45°. Una volta trovatosi nella stanza la cinepresa arriva all’angolazione di 90° e quello che vediamo è sia la sua soggettiva (la sua percezione della stanza) che un’oggettiva (lui nella stanza), è un’immagine-percezione sotto un doppio regime. Il protagonista deve coprire gli specchi ed espellere gli animali o qualunque cosa che possa costringerlo alla soggettiva. Trovatosi da solo può concedersi il riposo, ma mentre si addormenta la cinepresa si avvicina e al suo risveglio scopriamo essere il suo doppio intento a fissarlo. Siamo di fronte a un’immagine-affezione terrificante: la percezione di sé attraverso di sé.

“Film” with Buster Keaton | What is the human perception?

As we have already seen in other articles, the image is an organization of “perception”. But what is a “perception”? Bergson called the “perception” the effects of something that is related to the needs of a “living-being”. In this sense “perception” is a “sottraction”, a focus only in what it is necessary for the “living-being”, and not a principle of knowledge.

If we consider perception and his meaning for humans we find interesting “Film” the first and last film directed by Samuel Beckett.  Human perception, differenlty from the animal’s one, depends by “identity” and “recognition”. The existentialist author Beckett asked to himslef: but what happens if someone tries to escape this recognition? In the film’s first sequence we see a man running away from looks filmed by a 45° perspective (Deleuze writes “it is a “perception of action”). When the man finds finally himself alone in a room, he cover everything similar to an eye (mirrors, animals…), now at 90° we see both subjective perception and objective (there is no an external hipotetic poit of view). In the end, while tha man fall asleep, tha camera turn around him and finally watch him in front of his face: he open the eyes and discovers by what he was running, the double self, the “perception of himself by himself”. Deleuze called it the most terryfing “affection image”, because it plays with relativity of our identities. It is what the psycoanalist Lacan called “mirror’s function”, the fact that to perceive ourself we need the look of an Other, and the birth of human Subjectiveness by the look of parents and society.

Crudelia e il significato di “live action”

Live action: un genere borderline

“Live action”, letteralmente azione dal vivo, è un termine usato per indicare quei film basati su storie per bambini o ragazzi e distinguerli dalle eventuali versioni animate o video ludiche. L’evoluzione tecnologica ha portato anche alla realizzazione di prodotti misti (sia con riprese dal vero, che animati), o a versione computerizzate basate su riprese reali delle location (come nel caso del remake Disney del Re Leone. La specializzazione e l’avanguardia dei programmi di editing e le nuove tecniche di ripresa stanno avvicinando sempre di più la ripresa dal vero alla simulazione al computer, rendendo le categorie più mobili. L’assottigliamento dei confini ha stimolato gli stessi registi cinematografici a mettersi in gioco nell’animazione (Tim Burton, Steven Spielberg, per citare alcuni esempi).

Nel caso di Cruella la definizione di genere si fa borderline per più di un motivo. Il film si richiama a uno dei classici d’animazione più teneri di tutti i tempi: La carica dei 101, ma decide di raccontare la versione dell’antagonista, approfondendo il suo passato e delineandone una complessità psicologica. Già qui ci allontaniamo dalla “macchietta” della versione animata, e pure da quella del live action 96 con Glenn Close (La carica dei 101, questa volta la magia è vera).  Ciò nonostante, il tono simpatico scelto per affrontare le dinamiche evolutive del personaggio non appesantisce la storia e la rende accessibile anche a un pubblico giovane. Infatti oltre che “live action” il film è stato definito “crime comedy”. È molto difficile capire se si tratta di un prodotto più per adulti o per bambini, ma forse sarebbe meglio chiedersi cosa può dare a uno e cosa all’altro. Inoltre il film, se da un lato alterna atmosfere fantastiche (con tinture gotiche alla Burton) a sequenze da cinema muto, privilegia molto la personalità dei due personaggi interpretati da Stone e Thompson (lo sceneggiatore è lo stesso de La favorita, altro film tutto al femminile).

La narrazione

Cominciando in medias res Cruella ci racconta la sua storia fin dal principio, da quando era una bambina e si chiamava Estella (nome che manterrà anche quando si farà chiamare Cruella). E’ la madre a ricordarle continuamente di lasciar trasparire il lato Estella. Fin da subito capiamo la fragilità del binomio (il contesto complicato e l’atteggiamento iper protettivo della madre). A un certo punto l’inevitabile: Cruella e sua madre capiscono che deve seguire la strada della moda, ma è proprio mentre la madre cerca dei soldi in prestito per il viaggio che avviene un fatale incidente per cui cade da una scogliera.  Cruella assiste impotente ma timorosa di aver in parte contribuito. L’intero film si baserà su questo episodio, in quanto rivelatore anche della storia passata di Cruella.

D’ora in avanti dovrà farcela da sola e il binomio Estella-Cruella diventerá sempre più intenso. Iconiche sono le scene alla fontana in cui Estella-Cruella parla con la propria madre.

Estella a Londra conosce i vagabondi ladruncoli Orazio e Gaspare e vive con loro una vita nell’ombra. Un giorno però la Baronessa, una geniale ma arrogante stilista di moda, riconosce il suo talento e la assume nel proprio impero. Comincia il percorso di Estella-Cruella verso la conoscenza del proprio fatale destino. Estella emerge sempre di più ottenendo la stima della Baronessa, la quale però mantiene sempre la propria supremazia, anche quando è sempre di più il lavoro di Estella a  farle ottenere successo. Ciò nonostante Estella rimane servizievole, venendo pure schernita per eccesso di umiltà. Ma non è nulla in confronto a quello che scoprirà a proposito della spietata Baronessa, che diventerà la sua vera e propria nemesi e fautrice di Cruella. Non solo nel presente, ma anche nel passato.  Scoprirete perché, qui ci limitiamo ad indicare l’interessante caratterizzazione dei due personaggi.

Se pensiamo alla baronessa  e a Cruella, possiamo vedere due modalità diverse di interagire con il proprio lato oscuro. La baronessa commette crimini per l’angoscia di essere messa all’ombra dagli altri, Cruella sempre per reazione, e non solo, ogni suo atto è sempre accompagnato da creatività. Pensiamo alla bellissima scena in cui sorprende la baronessa con una versione del proprio vestito costituita da insetti, che poi prendono il volo, o a quella con il camion della spazzatura coperto di pellicce. Avrebbe avuto il coraggio la baronessa di fare una cosa del genere? No, infatti annulla la sfilata dopo lo scherzo di Cruella, lasciandole rubare la scena.

Cruella e la Baronessa si scontrano prima di scoprire la vera radice del loro conflitto, ma sarà proprio la scoperta della verità a far abbandonare l’illusione Estella e ad accettare Cruella, non più come alternativa, ma come unicum. Paradosso: superare l’illusorio dualismo per abbracciare il bianco e nero di Cruella, ma vissuto come unicum. Ma ha accettato davvero o si è alienata?

Un sequel di-fferente e l’inesauribile “macchia”

In molti hanno protestato per il tradimento della trama originale ma siamo sicuri che un ennesimo remake avrebbe reso davvero giustizia alla carica dei 101? Non è forse il destino delle grandi opere il desiderio di sequel e al contempo il la necessità di proteggerne l’unicità?

Se c’era una magia nel film d’animazione Disney era proprio l’espressività, irripetibile dalle moderne tecnologie computerizzate, di ogni personaggio, ma diciamolo pure, di ogni scena. L’idea forte del film era quella di mostrare dei cani normali nelle relazioni con gli esseri umani, ma nei momenti in cui comunicano tra di loro farli parlare, coinvolgendo lo spettatore.  Ed è proprio il concetto estetico di macchia e la sua caratteristica di “confine”, “frontiera”, a fungere da chiave di volta.  Non è un caso che Estella indossi il colore rosso (capelli e vestito), stesso colore dei capelli della madre, e sia con il fuoco che si presenta alla Baronessa per la prima volta come Cruella. Così come nel cartoon è la capacità di giocare con il “confine” uomo-animale a reggere l’avventura e ad educare i bambini, in Crudelia è la capacità di reggere il confine tra le proprie paure e i propri desideri ad affascinare giovani e adulti.

La scommessa di Cruella è di portare al cinema la stessa originalità che il cartoon ebbe nel mondo dell’animazione, e pur con qualche compiacimento di troppo, ci riesce.

Un’immagine-movimento particolare: l’immagine-affezione

L’immagine-affezione è ciò che occupa lo spazio di esitazione nel processo senso-motorio (tra la sensazione e il movimento). Per questo si avvicina così bene all’immagine-tempo, che è immagine diretta della durata, non più mediata dal movimento. Questa profonda analisi del cinema potrebbe richiedere un’esplorazione dettagliata e accurata, proprio come quella offerta dal servizio hausarbeit schreiben lassen, che assiste gli studenti nell’elaborazione di lavori accademici con una ricerca approfondita e una narrazione coerente. Pensate a questa bellissima inquadratura (in copertina all’articolo) di Crudelia durante la notte che apre gli occhi e ha un’idea, non sembra proprio un orologio a mezzanotte? Non spoileriamo la scena, ma diciamo solo che è il momento maggiore di climax in cui affiora la sua nuova personalità.

L’ambivalenza è il tema forte di Cruella, il bianco e nero dei capelli, la doppia personalità Estella-Cruella, la stessa voce altalenante, l’immagine ideale di sé VS quella vera, l’ambizione verso il proprio ignoto futuro e al contempo il peso di un passato irrisolto, che coincideranno sempre di più. Pensate a quanta ambivalenza si muova nel momento in cui la Baronessa da simbolo delle proprie ambizioni temuta e ammirata, diventa la sua stessa nemesi.

Un’altra caratteristica particolare dell’immagine-affezione di Crudelia è il volto della Stone, un volto “trasparente” i cui tratti riescono a stare fermi e al contempo sparire (gli occhi grandi, il naso minuto ma scultoreo, la bocca fine ma espressiva…). Deleuze distingueva due tipi di volto nell’immagine-affezione: il volto intensivo (tratti di volteità che sfuggono ai contorni per esprimere intenzioni) e volto riflettente (prevalenza del contorno e riflessione di ciò che agisce dall’esterno). La Stone sembra unire entrambi.

E’ il motivo per cui l’immagine-affezione diventa immagine-tempo nel segno dell’ambivalenza: a un certo punto lo spettatore si potrebbe chiedere “ma qua sta mentendo o ci crede davvero?”. Anche quando viene rivelato il piano ci potrebbe venire il dubbio. In fondo non sapremo mai se è prevalere è stata l’umile Estella o la (o)scenica Cruella. Due chiavi di letture dunque per questo film: da una parte secondo  immagine-movimento e la sua immagine-affezione, dall’altra secondo l’immagine-tempo se si opta per un’ambivalenza di fondo.

La peculiarità dell’attrice 

Emma Stone forse la conoscete per le acclamate interpretazioni in “La la land” (Coppa Volpi a Venezia e premio Oscar) o “Birdman”. In entrambi i film interpreta personaggi vivaci e dinamici. Si definisce una persona molto emotiva e nervosa, è stata proprio la recitazione a curarla dagli attacchi di panico di cui soffriva da piccola. Per coloro che sono affascinati dalla psicologia dietro le grandi performance e vogliono esplorarla in modo approfondito nei loro studi, diplomarbeit schreiben lassen può offrire una preziosa assistenza, garantendo che il loro lavoro finale sia di alto livello accademico. Un’ulteriore curiosità è il problema alle corde vocali di sui soffre a causa delle “coliche del neonato” che ebbe da piccola, una deformazione che la rende in grado di interpretare perfettamente i toni bassissimi che raggiunge Crudelia con certe sue espressioni.

Cruella and the meaning of live action

A film “borderline”

We choose this strong title because we think that the last Dinsey’s live action helps us to think about relativity in categorizing films genres, in a special way. There a lot of english words internationally diffused in the world of cinema; one of them is “live action”, used to indicate films for young people edited without the use of animation. The tecnological evolution has encouraged directors to develop mixed products (with both real shooting and animation), or to realize with the animation tecnhique something similar to a shooted film (“Shrek”, “Lion King” remake are few examples). Categories are becaming more flexibles. Also Wes Anderson, to make an example, has choosen the way of animation to express himself with “The Isle of Dogs” and he won the bet.  Sometimes animation stimulate film directors, and Spielberg knows it well, having co-founded Dreamworks.

There a lot of reasons to consider “Cruella” a borderline film genre. The film is inspired by one of the most classical disney cartoon: “One hundred and one Dalmatians”, but it decides to show us an hipotetical different point of view: one of the classic antagonist Cruella. Cruella his shown as a complex character with important past experiences and interesting psycology dynamics. It has no similiraties with the live action remake of 1996 with Glenn Close, in which the story was the same.

Nevertheless the “easy-going” narrative style makes the film suitable for a young public. In fact the film is defined as a “live action crime comedy”; topics are close to a crude film but the lightness of writing style and direction is the same of a “comedy” or a “musical”. The film director, Craig Gillespie, is known to tell difficult stories with a special brightness around it (think about “Tonya” with Margot Robbie). The question is: is it a product for young or for adults? But maybe the right question is: what can give to both of them, in different ways?

The narrative 

The film faces universal topics: growth, fear and courage. It starts in “medias res” as a “bildungsroman” telling us the story by the beginning, when Cruella was a child, and his name was Estella (but during the whole film she maintains a double name: Estella-Cruella). Cruella tells us that from the beginning she had to live with a double personality: a kind character encouraged by the mother and a rebel one encouraged by negative circumstances. But each time that rebel personality comes out is to defende herself or someone weaker. When the school chooses to expell her the mother understands that Estella has to follow his misunderstood genius and decides to move with her to London, the capital of fashion.  It is now the true beginning of the “heroic tragedy” of Estella-Cruella.

Asking for money, the Estella’s mother falls from a cliff, while Estella is watching the scene, thinking to be indirectly the cause. Estella his hurted and Cruella now has to count only on her own. She moves to London alone, as an orphan tramp, and she mets two little stealers, Orazio and Gaspare. She starts to live with them in shadows. But one day the Baroness, a brilliant and arrogant stylist, recognizes his talent and decides to assume Estella in his “empire”. It is the second “turning point” of the script: from now Estella-Cruella starts the route towards the knowledge of his fatal destiny.

Tha Baroness recognizes more and more creativity of Estella, but Estella maintains always reverence towards the Baroness, even when the Baroness’ succes became more and more from his work. But there are two upsetting discoveries about the Baroness that Estella has still to discover…we can only say (to make not spoiler) that the Baroness will became a real “nemesis” of Estella-Cruella. This is crucial because we can see how the film, on one hand show us a complex and originale character, and on the other hand a rigid antagonist, without any kind of shades and nuances, even more cruel than the original Cruella of the cartoon. The comedian Estella-Cruella needs the absolute criminality of the Baroness? (we are not enphasizing, the Baroness is a real absolute criminal, you will see why…)

But how Cruella can be considered a “comedian” and the Baroness an absolute criminal? Paolo Borsellino (an anti-mafia Judge) has said that courage isn’t the opposite of fear, but the abitily to accept the fear and live togheter with it. Thiniking about the Baroness and Cruella we can say that the Baroness “became” a black character without nuances, without accepting his fears while Cruella is able to maintain a bright side even when she is lost. This is why Cruella is a true artist (you will see how emotional are some scenes…one with the joke of a cloth made with insects, or the one with the garbage-camion with clothes.. the Baronnes won’t be able to understand to react to the beauty of these jokes because of his rigidity and arrogance).

Even when Estella thinks to be responsible for the mother’s accident we understand from the beginning that is quite impossible: Estella is followed by the dogs but why they decide to attack the mother? Secondly, but not less important, a so sweet child deserves a a so crude episode? The spectator is put on the right perspective even from the beginning, in which things are not clear. This is why we can consider this film a “puzzle”, in which the “form” is always clear but it has to be completed with a “substance”. The voice-off in “medias res” that tell us “Estella is died” means that the narrator and the specator are already aware of the essence of the story: it is what Gilles Deleuze called “affection-image”, something that is not separable from the events but at the same time is always over the events. It is the “affection”, showed clearly by the expression of a face: stationary and at the same time moving.

The direction 

The dynamis of the scenes reminds us Keaton’s cinema, briging us to the origin of cinema. The direction and the ability of actresses compensate for the script, that is not so good, sometimes too slow, sometimes too fast. It is uncommon in a live action this strong role of the actresses: what we see is a great use of voice and gestures-expressions combined with great images even improved with computer effects.

The actress of Cruella seems destined to play this character. When she was a child she was very emotional (she suffered also of panick attacks) and it was theatre that gives to her the chance to overcome these problems). An other annedoct is that Emma Stone, when she was an infant, suffered from a problem to vocal chords that gave her the ability to change radically the voice’s timbry (used for Cruella’s strong timbry).

The affection-image 

As we have already said the use of “affection image” is very interesting. The ambiguity of the scenes (suspicions, dissimulations) can guess us the question: what Cruella is really thinking about? This is why his the face’s expressions are fundamental to find a certainty even in ambigous situations and it is also the “image” of his ability to face ambivalence. In the end we can ask: Estella is really overcome by Cruella or even when she was acting as Estella she was in a certain way true?

An other interesting aspect that we want to underline is the particularity of Stone’s face: Deleuze was used to classify two principal faces, tha intensive one and the reflecting one. The first one was charaterized by facial features prevailing compared to the outlines of the face, the second one was the face’s silhouette to prevail reflecting a thought. In this case even when there is the dominance of the face’s silhouette we are not able to see it clear, because of  a very “transparent skin” and “alienating” facial features. We see a reflection that is at the same time “intensive”,  perfect to reflect the tension of the ambiguity. The perfect example is the scene in which Cruella discovers the first violence of the Baroness and she decides for the revenge (you can see it as the photo of the article): it seems that there is not a border within external worlds and his internal mood, because of transparency of his face.

A di-ffering sequel 

Last, but not least, we have to talk about relation of Cruella with the classical movie “101 Dalmatians”. In the classical one dogs were important because were able to educate children facing arrogance with phantasy. Dogs were very realistic compared to animals of other cartoons, the ability to be both animals and both humans (they don’t speak with words to humans, but only within them), encouraged children to find in reality itself the magic. This is why “101 Dalmatians” was considered one of the most “magical” disney cartoon. A lot of fans protest for the choice of writers to reverse the story and telling a Cruella version. But what they misunderstanding is the essence of cinema and more in general of phantasy: the dissimulation. The ability of this film is to narrate the same “concept” changing elements. This is what Deleuze called di-fference, a “virtuality”  that can be “actualized” in different ways.

 

Caparezza, un musicista perso nel Cinema

  Deleuze in “Logica del senso” e “Differenza e ripetizione” ci scrive che una parola ha sempre bisogno di un’altra parola per dire il suo senso (è il paradosso del linguaggio). Caparezza nel nuovo disco cerca l’essenzialità per poter far bastare le parole a se stesse, anzi per “parlare le parole”

PER UN’ESPERIENZA COMPLETA NELLA FORESTA DEL DISCO SI CONSIGLIA https://www.exuviaexperience.com/ 

Come preannunciato in un’intervista, Caparezza dichiara di ispirarsi per questo viaggio a Guido (citato nel brano Eterno paradosso) e al Mastorna (citato come guida in exuviaexperience.com), due personaggi centrali del cinema di Federico Fellini.

Otto 1/2 racconta la storia di Guido, un regista che cerca di fare un film, ma senza riuscire a trovargli un senso. Ed è lo stesso Fellini a scegliere questo titolo perché non riesce a trovare un altro nome di senso compiuto per definire questo film (esso viene dopo sei film e tre in collaborazione). Caparezza nel brano Eterno paradosso cita una battuta che Guido pronuncia nella scena finale: “non ho proprio niente da dire, però voglio dirlo lo stesso”. Mastorna invece è il protagonista dell’ultimo script di Fellini, un progetto a lungo meditato ma mai realizzato.

Fellini apparteneva al “neorealismo italiano”, una corrente nata, un po’ come la nouvelle vague, in contrapposizione al cinema classico, con il fine di raccontare un nuovo mondo senza ideologie, in cui ci troviamo smarriti, e in cui come scrive Deleuze “gli eventi che accadono ai personaggi non gli appartengono interamente così che i personaggi non sono più attanti, ma spettatori, facendoci passare dall’immagine-movimento all’immagine-tempo”. Ciò che però rende il cinema di Fellini un caso unico nel neorealismo, è la sua capacità di far dipendere questo smarrimento da un’immagine-tempo cristallo. Il cristallo è quell’immagine in cui si vede il tempo nel suo sdoppiarsi come presente che passa e passato che si conserva. In Fellini ricorre la sensazione di dover ricordare ma senza capire perché (se sapessimo cosa ricordare infatti ce lo ricorderemmo!). E’ un passato puro orfano di presente che passa, o come lo definisce Deleuze un “germe” di cristallo, l’immagine del “cominciamento”.

E’ così che possiamo capire meglio la cruciale frase nel brano Eyes wide shut: “Io non voglio andare in cerca di me stesso perché rischio di trovarmi per davvero”: se Fellini-Caparezza trovasse finalmente se stesso finirebbe per dimenticare il “passato puro” che è invece il vero smarrito.

Eyes wide shut è l’ultimo film di Kubrick e anche qui il riferimento non è casuale: il cinema di Kubrick è caratterizzato dall’impossibilità di distinguere il vero autore di ogni avvenimento, come se tutto fosse “pienamente visibile” e al contempo “nascosto” (pensiamo anche all’Overlook hotel di Shining). Il movimento viene meno (anche in questo caso Deleuze la chiama “immagine-tempo”), perché non riusciamo a scorgere cause ed effetti chiari, l’estremo fuori coincide con l’estremo dentro. Le cose qui devono ancora iniziare nel senso che sono avvenute in un tempo a noi inaccessibile (non ne vediamo l’origine, l’inizio) e nonostante ciò subiscono modifiche da cose già presenti altrettanto senza fini.

Caparezza, a musician lost in Cinema

We are going to consider the ability of Caparezza to play with texts and music on the meaning of “sense”. Deleuze in “Sense’s logic” writes that each word need an other word to express his sense, Caparezza in his last album tries to find a word with a re-ferential sense, without the need of toher words, a “mute word”. This is why ne needs to loose himself. 

Who is Caparezza?

It is since 2019 that Caparezza seemed to be disappeared, but now he came back with a very original album, with a “meditative” concept.  

To talk about this album we have to expose in few lines the artistic career of “Caparezza” (artistic name for Michele Salvemini). Michele started in 90ies with the name “Mikimix”, a shadow of himself that he denied. From this denial Caparezza born. Caparezza walk accros different mutations: death and spiritual realization in “Habemus Capa”, a “musem phase” in “Museica” and a an ending in “prison” (“Prisoner 709”). It is going out from this prison that started “Exuvia”, this new album. This is why the cinematographic references to “italian neorealism” is so important for this album: even “neorealism” was trying to leave “mental prisons” of classic cinema, leaving the world of ideologies and discovering a world unrecognizable, in which we are like vagabonds.

Why in this album Caparezza makes a strong reference to Cinema? 

In particular Caparezza has declared to be inspired by last script of Fellini “The journey of G.Mastorna”, a script never realized, considered one of the most big project of the neo-realist director. In a song (“eterno paradosso”) he make an explicit reference to an other similar film: 8 1/2. The name of this film has a double meaning: it cames after 6 film and 3 co-directed, and it is refered to a film without a title, the one that the protagonist  has to realise with a lot of doubts. Both films, the one of the protagonists, and the film itself, is full of doubts, and confusion. The “Mastorna”, on the other hand, tells the story of a musician that after a strange airplane’s accident find himself in a strange place that seems to be the “afterlife” but it is not coherent, and more confused than life itself.

The emblematic quote taken from 8 1/2 (quoted in “eterno paradosso”) is: “I have nothing to say, but I want to say it anyway”. In Fellini’s films there is always something confused that wants to be expressed, it is what Gilles Deleuze called “pure past”, the “unconscious” rest of each present that passes. This is also why Fellini is so interested in writing his dreams and sometimes in drawing and shooting it. What differs from other neo-realistc authors is that in Fellini the real vagabond is this “pure past”. Caparezza refers to this because he find himself too lost in a land that is even lost: the pure past. This is why the penultimate song give expression to the Time itself (“Zeit”), but we are going to better see later this passage.

In “Eyes wide shut” Caparezza says “I dont’ want to find myself because I am in dangeours to really find me”. This is crucial because if he find himself in a lost land he became more lost than before! The reference to “eyes wide shut” is an other cinematographic reference, it the last Kubrick’s film. Kubrick is known to build stories in which we are not able to judge who is the true author, as in a “panic experience” (total identification with the whole) in which only a distructive innocent force operates. Only in the end of “2001, A space odissey” Deleuze writes that we can see a possible re-coincilation of this destructive force in a new world.

 

Il Cinema secondo “Le Frontiere”

Bergson e Deleuze per interrogare il cinema

Così come in tanti di fronte a un’opera musicale o pittorica si sono chiesti cosa sia la musica o la pittura, anche di fronte a un film potremmo chiederci cosa sia l’arte cinematografica. Nella nostra epoca, dominata da schermi con immagini di ogni tipo, la domanda diventa ancora più incalzante.

Oggi, che possiamo vedere film ovunque e non per forza in una sala (anche se la vividezza dell’esperienza viene meno), e che ogni immagine o video si può tagliare, unire ad altre, manipolare etc…il lavoro concettuale sul cinema compiuto da Deleuze negli anni 80 ci è ancora più d’aiuto. (non sia mai che la bulimia di immagini arrivi a profetizzare davvero la fine anche del cinema).   Aldilà del supporto fisico su cui scorre o di ricostruzioni astratte a posteriori, il cinema altro non è che “concettualizzazione della durata”. Riprendendo Bergson, filosofo della “durata”, Deleuze si rende conto che a essere tematizzato dal cinema è proprio quello scorrere inafferrabile che nella nostra vita quotidiana è sempre costretto a un “punto di vista” (il nostro ancoraggio fisico). Se secondo Bergson (ricordiamo anche i suoi dialoghi con la relatività di Einstein) la “durata” è l’impossibilità di ricostruire il movimento da dei punti fissi di traslazione, ebbene in ogni film che si rispetti il punto fisso viene proprio a mancare. Non è come a teatro in cui ci sono degli attori che agiscono e interpretano, l’azione (il movimento) è per così mossa da sé medesima.

Riprendendo il primo capitolo di Materia e memoria di Bergson Deleuze scrive:

  1. vi sono immagini istantanee, sezioni immobili del movimento
  2. vi sono poi immagini-movimento, sezioni mobili della durata
  3. vi sono infine immagini-tempo, cioè immagini-durata aldilà del movimento stesso

Da qui i titoli dei due volumi sul cinema, scritti nel 1983 e 1985: “L’immagine-movimento” e “L’immagine-tempo”, dove Deleuze compila un’inventario delle immagini-movimento e delle immagini-tempo osservate nel cinema dalla sua nascita fino agli anni 80 del Novecento.

In foto la celebrazione Google di Shirley Temple, icona hollywoodiana.