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C’è del cinema NEI cartoni animati

A distanza di quasi 40 anni dai volumi sul cinema di Deleuze e nel pieno dello sviluppo tecnologico dell’immagine è inevitabile chiederci: e il cinema d’animazione? E la CGI?

Deleuze cominciava L’immagine-movimento mettendo in luce come il cinema alla sua nascita fosse ancora immaturo e costretto a imitare la percezione naturale tramite un’inquadratura fissa dipendente dal movimento che documentava. Da qui deriverebbe anche il facile misunderstanding di Bergson, che nelle prime sperimentazioni cinematografiche vedeva un riproporsi di quel meccanismo del pensiero che vorrebbe dividere il movimento in step, invece che coglierlo nella sua “durata”.  Ma ben presto, acquisendo consapevolezza sul proprio potenziale, il cinema sarebbe diventato quel “creatore di eventi” (ovvero di “durate”) capace attraverso il montaggio e il movimento nelle immagini di fondare la propria realtà.

Da qui il recupero dell’immagine-movimento di Bergson e la concettualizzazione delle “immagini mobili di durata” del cinema. Deleuze, dunque, si rivolge al cinema, in quanto pensatore “differenziale” ed è qui che Tagliapietra nel suo volume sui cartoni animati nota nel pensatore una “differenza ideologica rimossa”. Insomma, tra l’istante qualsiasi del fotogramma cinematografico (“sezione immobile del movimento”), e l’immagine-movimento come “sezione mobile della durata”, il cartone animato si instaura su una “sezione mobile del movimento”, un’instabilità di fondo, il caos che il pensatore dell’immanenza cerca di navigare.

Insomma, se negli occhi di un pensatore come Deleuze c’è il cinema, sotto al suo naso e al suo respiro c’è il cartone animato. Se il cinema scopre che il tempo è misura del movimento e non il contrario, il cartone animato scopre qualcosa che a sua volta misura il tempo…forse il volume Cinema3 di Deleuze? Dopo “Immagine-movimento” e “Immagine-tempo”…

Blob, un cine(ma)ncato

“L’arte è una bugia che realizza la verità” – Pablo Picasso

Blob nasce nel 1989, dalle irrequiete menti dei critici enrico ghezzi e marco giusti. Erano gli anni del boom televisivo (doveva ancora arrivare internet) e il cinema si accingeva a nuove fasi. Il fermento è molto. L’intuizione, sviluppata anche grazie alle influenze deleuziane (i suoi due libri sul cinema sono dell’83 e dell’85 e a fine anni 80 si è già diffusa tra i critici cinematografici, stimolandoli a nuovi punti di vista sull’immagine-movimento) è di giocare con quella nemesi del cinema che sembra essere la televisione.

Pasolini denunciava come questa diventasse un vero e proprio ingombro in casa, capace di sostituire le relazioni umane, Fellini lottava contro la pubblicità che bloccava il continuum del film, chi per ragioni sociali, chi per altri artistiche, ma tutti in un modo o nell’altro esprimevano preoccupazione di fronte a questo nuovo mezzo prepotente e invasivo. Deleuze lo rileva chiaramente: con gli effetti speciali fini a sè stessi e la televisione, si tradisce il cinema, che si fonda sulla “durata”, non sulla presentificazione.

“Come è detto nei Misteri di Shangai: tutto può succedere in qualsiasi momento…”  Gilles Deleuze

Frontale con il presente

La presentificazione giustifica l’assimilazione inconsapevole delle immagini, e il rischio di bersi qualsiasi chiave di lettura ci venga proposta sopra alle immagini. Come se davvero le immagini avessero bisogno di una “messa in onda”, come se fosse più importante far vedere un su italia1 quel Mercoledi sera, invece che il film stesso.   Blob decostruisce e smaschera questa ingenua, ma subdola, tecnica della tv. Attraverso un montaggio spericolato, che ogni tanto sembra logico, in altri momenti sconlusionato, strascicato, rotolante… come a ri-mostrare che è il flusso televisivo a non avere senso, restituendo allo spettatore come sia lui a vedere e imporre un’interpretazione a quello che in realtà si presenta come appiattimento, pura passività.

ghezzi ci tiene a sottolineare come l’immagine in realtà non ci appartenga, pure quando pensiamo di dominarla.   Le immagini-movimento sfuggono all’interpretazione di qualcuno, al pensiero logico-rappresentativo. Da qui l’intuizione deleuziana di ghezzi: trasformare la presentificazione dell’immagine della televisione in un’immagine-durata che gioca con il non-detto della tv: l’illusione dell’istante. Le immagini nei media sono date per scontate ma proprio per questo se tolte dal montaggio, dalla scaletta, da chi vuole appunto fermarle, ra-ppresentarle, rivelano le proprie potenzialità, il proprio mondo pieno di visti e non visti.   “Le connessioni tra le immagini sono infinite, prendete un’immagine rigorosissima di Bresson e poi uno spezzone di varietà televisvo e per chissà quale alchimia un giorno trovano un legame” racconta ghezzi durante una sua lezione a dei giovani studenti di cinema.

Ma è lo stesso ghezzi in un suo articolo dell’84 sul volume “Cinema1 L’immagine-movimento” di Deleuze a sottolineare: “perfino l’ottusità che parrebbe l’assenza nel libro del video, della televisione, è invece il pregio di una chiarezza di sguardo, di sguardo sullo sguardo e con lo sguardo, che implica già il vedere di oggi, senza bisogno di comode video-sociologie dei simulacri alla Braudillard.”

In sintesi lo straordinario risultato di Blob è l’incredibile spazio di respiro che offre nel semplice mostrare un susseguirsi di immagini e sequenze, in quanto lascia immaginare qualsiasi connessione possibile allo spettatore,  liberandolo così dal giogo di una postura narrativo/visiva artificiosa e mistificante.

Caparezza, Fellini, inconscio, o Della scelta

Caparezza, Fellini, inconscio, o Della scelta

(cosa esplora “Fellini e l’ombra” di Catherine McGilvray ora al cinema)

Il documentario “Fellini e l’ombra” ci permette di riprende in mano e approfondire alcuni aspetti di Federico Fellini già accennati

“Tendere l’orecchio e il cuore a qualcosa che è quasi dimenticato e che non vorrei aver dimenticato” racconta la voce di Fellini. Ecco, ritroviamo già in questa frase la cifra del cinema di Fellini: la purezza dei personaggi di La strada o di Cabiria, la difficoltà di amare del Casanova, l’impossibile bellezza di  Sylvia, de La dolce vita, lo strano rapporto con la memoria in Amarcord e la crisi del regista di Otto 1/2. 

“I tuoi spiriti dicono sei libero, ma devi saper scegliere” dicono al protagonista di Otto 1/2. La “scelta” sembra ossessionare continuamente Fellini, anche le sue ultime due opere incompiute, il Mastorna e Tulum esasperano ancora di più la difficoltà “concludere”, che troviamo in ogni suo lavoro. Tanto è vero che scrive al produttore Dino: ” questa storia mi sembra una serie di entrate in cui non riesco a entrare”.

Come scegliere? Scegliere significa sciogliere un dubbio, de-cidere (tagliare), dare un significato. Caparezza nel suo ultimo disco dice di ispirarsi al Mastorna e al Guido sopra citati. Nel brano La scelta racconta la storia di due personaggi, che compiono scelte opposte, ma entrambe valide in quanto meditate e accettate. In fondo il momento della scelta è solo un’illusione.”Saresti capace di scegliere una cosa sola e farla diventare la tua ragione di vita?” chiede Guido a Claudia. Ebbene la cosa è in realtà impossibile.

Quando scegliamo infatti escludiamo e paradossalmente impediamo il presentarsi del dubbio (infatti lo sciogliamo) e quindi impediamo il presentarsi della necessità della scelta che però ci ha portato a compierla! Bel paradosso, ma è così che si costituisce il Tempo secondo Bergson e Deleuze. In Differenza e ripetizione lo scrive chiaramente: “il presente costituisce il tempo, ma è il passato puro a garantire il passare del presente”.

Ed è lo stesso Deleuze, nel capitolo sulle immagini-tempo cristallo, a esprimersi come farà Fellini nella lettera a Dino: “Il problema non è più sapere ciò che esce, e come, dal cristallo, ma al contrario, come entrarvi. Si riconosce il metodo che via via apparterrà a Fellini”.  E si perché è un “cominciamento”, “quello che si vede nel cristallo è lo zampillio della vita, il tempo nel proprio sdoppiamento”, e in Fellini assistiamo a germi di cristallo. “Il presente che passa e va verso la morte, il passato che si conserva e trattiene il germe di vita, non cessano d’interferire, di intersecarsi”

The medulla, on the other hand, is the inner region that contains fewer lymphocytes as well as more macrophages, specialized cells that swallow up tonerin gyogyszer ára and also ruin international substances.

Oltre i limiti: la fantascienza al cinema

La fecondità del genere

Ci si concentra molto spesso sulla capacità della narrativa fantascientifica di prevedere o meno il futuro, o di come attraverso la propria libertà di manipolare spazi e tempi sappia intercettare cambiamenti sociali, tecnologici o culturali, prima che questi avvengano. E’ sempre molto interessante, perché ci permette di capire come la fantasia spesso ci aiuti a ragionare sul tempo presente e sulle nostre aspettative verso il futuro, forse ancora di più di altre opere, in quanto capace di muoversi più agevolmente tra diversi “mondi”: un autore può immaginare una storia ambientata nell’antico Egitto e al contempo in un lontano pianeta nel futuro.

Il potenziale della fantascienza

In tutto ciò però si trascura la potenzialità maggiore della fantascienza, la vera radice dei più grandi successi del “genere”: il contrasto scienza e fantasia. Pensiamoci bene: cosa accomuna 2001, Blade Runner, Dune (romanzo e film), Matrix, Arrival e simili se non l’audacia di mostrare spazi e tempi a noi inaccessibili, attraverso giochi di suggestioni letterarie o visive? Cos’è il dialogo interiore di Paul Atreides e la “Voce” delle Bene Gesserit se non un formulario poetico, a noi accessibile solo per via suggestiva? Cosa sono i personaggi “simbolici” di Matrix, capaci addirittura di ridefinirsi durante il film (l’agente Smith da nemico esterno a parte essenziale di Neo)? O le immagini di 2001, radicalmente lacunose e al contempo fluide?

Kubrick a proposito della sua gioventù come fotografo raccontava di come attraverso la fotografia andasse a mostrare quella capacità di guardarci insita nel quotidiano inosservato, una sorta di occhio cieco che è poi quello della realtà, la sua impenetrabilità che ci fissa. L’occhio di Hal che vede tramite una mente senza corpo (dislocata nell’astronave). (vedi le lucide analisi di Michael Chion su 2001).

Ecco la fantascienza: la presenza del monolite. Qui, presente, reale, ma al contempo insondabile. “Cosa significa?” chiede Neo a Morpheus e gli altri. “Significa allacciati le cinture Alice, perché ne vedrai delle belle”.

“Io ho visto cose…che voi umani non potreste immaginare” dichiara Roy nel celebre finale di Blade Runner. L’umano atterrito, come il volto di Deckart (interpretato da Harrison Ford, Indiana Jones).

Ecco allora che la fantascienza capisce, cerca, gioca con la realtà-flusso. I codici di Matrix, gli stessi rivolgimenti repentini dei ruoli dei personaggi e dei piani di realtà (l’iconica libertà anarchica delle sorelle Waciosky), il linguaggio che viaggia nel tempo di Arrival, la sabbia e la spezia di Dune

Neo è costretto a saltare, perché in fondo forse la verità sta dentro di lui. Nel flusso si può solo saltare, come fanno gli stessi Roy e Deckart in Blade Runner…e nel frattempo un treno passa, il treno che colpisce il fantoccio/l’agente Smith di Matrix.

Per questo la fantascienza insegue il cinema, lo cerca con irrequietezza…2001 non a caso è considerato il film DEL cinema per eccellenza, per non parlare del labirintico Shining…”Il labirinto  ggelato di Shining è un dedalo all’origine del cinema” scrive enrico ghezzi.

Nella fantascienza troviamo in realtà l’essere umano, la sua libertà e il vuoto che la circonda…”lo senti quello  signor Anderson? E’ il suono dell’inevitabilità” sussurra Smith sul binario mentre sta arrivando il treno, ma Neo risponde “mi chiamo Neo!” e si libera della sua presa saltando fuori dal binario!

Non siamo così lontani dal cinema di Bergman,  dove i personaggi appaiono atterriti dalla libertà…

L’umano, quell’essere che costruisce la realtà e non la subisce, oltre il binario, che è anche il binary code delle macchine: 1 0 1 0 1 0 1 0….

Possiamo dire, che la fantascienza esemplifica l’essenza del cinema, perché il cinema non vuole semplicemente proporre una copia del mondo reale, ma ricreare un proprio mondo…

“Con il cinema è il mondo che diventa la propria immagine, e non un’immagine che diventa mondo” Cinema 1, L’immagine-movimento, Gilles Deleuze (1983)

Crudelia e il significato di “live action”

Live action: un genere borderline

“Live action”, letteralmente azione dal vivo, è un termine usato per indicare quei film basati su storie per bambini o ragazzi e distinguerli dalle eventuali versioni animate o video ludiche. L’evoluzione tecnologica ha portato anche alla realizzazione di prodotti misti (sia con riprese dal vero, che animati), o a versione computerizzate basate su riprese reali delle location (come nel caso del remake Disney del Re Leone. La specializzazione e l’avanguardia dei programmi di editing e le nuove tecniche di ripresa stanno avvicinando sempre di più la ripresa dal vero alla simulazione al computer, rendendo le categorie più mobili. L’assottigliamento dei confini ha stimolato gli stessi registi cinematografici a mettersi in gioco nell’animazione (Tim Burton, Steven Spielberg, per citare alcuni esempi).

Nel caso di Cruella la definizione di genere si fa borderline per più di un motivo. Il film si richiama a uno dei classici d’animazione più teneri di tutti i tempi: La carica dei 101, ma decide di raccontare la versione dell’antagonista, approfondendo il suo passato e delineandone una complessità psicologica. Già qui ci allontaniamo dalla “macchietta” della versione animata, e pure da quella del live action 96 con Glenn Close (La carica dei 101, questa volta la magia è vera).  Ciò nonostante, il tono simpatico scelto per affrontare le dinamiche evolutive del personaggio non appesantisce la storia e la rende accessibile anche a un pubblico giovane. Infatti oltre che “live action” il film è stato definito “crime comedy”. È molto difficile capire se si tratta di un prodotto più per adulti o per bambini, ma forse sarebbe meglio chiedersi cosa può dare a uno e cosa all’altro. Inoltre il film, se da un lato alterna atmosfere fantastiche (con tinture gotiche alla Burton) a sequenze da cinema muto, privilegia molto la personalità dei due personaggi interpretati da Stone e Thompson (lo sceneggiatore è lo stesso de La favorita, altro film tutto al femminile).

La narrazione

Cominciando in medias res Cruella ci racconta la sua storia fin dal principio, da quando era una bambina e si chiamava Estella (nome che manterrà anche quando si farà chiamare Cruella). E’ la madre a ricordarle continuamente di lasciar trasparire il lato Estella. Fin da subito capiamo la fragilità del binomio (il contesto complicato e l’atteggiamento iper protettivo della madre). A un certo punto l’inevitabile: Cruella e sua madre capiscono che deve seguire la strada della moda, ma è proprio mentre la madre cerca dei soldi in prestito per il viaggio che avviene un fatale incidente per cui cade da una scogliera.  Cruella assiste impotente ma timorosa di aver in parte contribuito. L’intero film si baserà su questo episodio, in quanto rivelatore anche della storia passata di Cruella.

D’ora in avanti dovrà farcela da sola e il binomio Estella-Cruella diventerá sempre più intenso. Iconiche sono le scene alla fontana in cui Estella-Cruella parla con la propria madre.

Estella a Londra conosce i vagabondi ladruncoli Orazio e Gaspare e vive con loro una vita nell’ombra. Un giorno però la Baronessa, una geniale ma arrogante stilista di moda, riconosce il suo talento e la assume nel proprio impero. Comincia il percorso di Estella-Cruella verso la conoscenza del proprio fatale destino. Estella emerge sempre di più ottenendo la stima della Baronessa, la quale però mantiene sempre la propria supremazia, anche quando è sempre di più il lavoro di Estella a  farle ottenere successo. Ciò nonostante Estella rimane servizievole, venendo pure schernita per eccesso di umiltà. Ma non è nulla in confronto a quello che scoprirà a proposito della spietata Baronessa, che diventerà la sua vera e propria nemesi e fautrice di Cruella. Non solo nel presente, ma anche nel passato.  Scoprirete perché, qui ci limitiamo ad indicare l’interessante caratterizzazione dei due personaggi.

Se pensiamo alla baronessa  e a Cruella, possiamo vedere due modalità diverse di interagire con il proprio lato oscuro. La baronessa commette crimini per l’angoscia di essere messa all’ombra dagli altri, Cruella sempre per reazione, e non solo, ogni suo atto è sempre accompagnato da creatività. Pensiamo alla bellissima scena in cui sorprende la baronessa con una versione del proprio vestito costituita da insetti, che poi prendono il volo, o a quella con il camion della spazzatura coperto di pellicce. Avrebbe avuto il coraggio la baronessa di fare una cosa del genere? No, infatti annulla la sfilata dopo lo scherzo di Cruella, lasciandole rubare la scena.

Cruella e la Baronessa si scontrano prima di scoprire la vera radice del loro conflitto, ma sarà proprio la scoperta della verità a far abbandonare l’illusione Estella e ad accettare Cruella, non più come alternativa, ma come unicum. Paradosso: superare l’illusorio dualismo per abbracciare il bianco e nero di Cruella, ma vissuto come unicum. Ma ha accettato davvero o si è alienata?

Un sequel di-fferente e l’inesauribile “macchia”

In molti hanno protestato per il tradimento della trama originale ma siamo sicuri che un ennesimo remake avrebbe reso davvero giustizia alla carica dei 101? Non è forse il destino delle grandi opere il desiderio di sequel e al contempo il la necessità di proteggerne l’unicità?

Se c’era una magia nel film d’animazione Disney era proprio l’espressività, irripetibile dalle moderne tecnologie computerizzate, di ogni personaggio, ma diciamolo pure, di ogni scena. L’idea forte del film era quella di mostrare dei cani normali nelle relazioni con gli esseri umani, ma nei momenti in cui comunicano tra di loro farli parlare, coinvolgendo lo spettatore.  Ed è proprio il concetto estetico di macchia e la sua caratteristica di “confine”, “frontiera”, a fungere da chiave di volta.  Non è un caso che Estella indossi il colore rosso (capelli e vestito), stesso colore dei capelli della madre, e sia con il fuoco che si presenta alla Baronessa per la prima volta come Cruella. Così come nel cartoon è la capacità di giocare con il “confine” uomo-animale a reggere l’avventura e ad educare i bambini, in Crudelia è la capacità di reggere il confine tra le proprie paure e i propri desideri ad affascinare giovani e adulti.

La scommessa di Cruella è di portare al cinema la stessa originalità che il cartoon ebbe nel mondo dell’animazione, e pur con qualche compiacimento di troppo, ci riesce.

Un’immagine-movimento particolare: l’immagine-affezione

L’immagine-affezione è ciò che occupa lo spazio di esitazione nel processo senso-motorio (tra la sensazione e il movimento). Per questo si avvicina così bene all’immagine-tempo, che è immagine diretta della durata, non più mediata dal movimento. Questa profonda analisi del cinema potrebbe richiedere un’esplorazione dettagliata e accurata, proprio come quella offerta dal servizio hausarbeit schreiben lassen, che assiste gli studenti nell’elaborazione di lavori accademici con una ricerca approfondita e una narrazione coerente. Pensate a questa bellissima inquadratura (in copertina all’articolo) di Crudelia durante la notte che apre gli occhi e ha un’idea, non sembra proprio un orologio a mezzanotte? Non spoileriamo la scena, ma diciamo solo che è il momento maggiore di climax in cui affiora la sua nuova personalità.

L’ambivalenza è il tema forte di Cruella, il bianco e nero dei capelli, la doppia personalità Estella-Cruella, la stessa voce altalenante, l’immagine ideale di sé VS quella vera, l’ambizione verso il proprio ignoto futuro e al contempo il peso di un passato irrisolto, che coincideranno sempre di più. Pensate a quanta ambivalenza si muova nel momento in cui la Baronessa da simbolo delle proprie ambizioni temuta e ammirata, diventa la sua stessa nemesi.

Un’altra caratteristica particolare dell’immagine-affezione di Crudelia è il volto della Stone, un volto “trasparente” i cui tratti riescono a stare fermi e al contempo sparire (gli occhi grandi, il naso minuto ma scultoreo, la bocca fine ma espressiva…). Deleuze distingueva due tipi di volto nell’immagine-affezione: il volto intensivo (tratti di volteità che sfuggono ai contorni per esprimere intenzioni) e volto riflettente (prevalenza del contorno e riflessione di ciò che agisce dall’esterno). La Stone sembra unire entrambi.

E’ il motivo per cui l’immagine-affezione diventa immagine-tempo nel segno dell’ambivalenza: a un certo punto lo spettatore si potrebbe chiedere “ma qua sta mentendo o ci crede davvero?”. Anche quando viene rivelato il piano ci potrebbe venire il dubbio. In fondo non sapremo mai se è prevalere è stata l’umile Estella o la (o)scenica Cruella. Due chiavi di letture dunque per questo film: da una parte secondo  immagine-movimento e la sua immagine-affezione, dall’altra secondo l’immagine-tempo se si opta per un’ambivalenza di fondo.

La peculiarità dell’attrice 

Emma Stone forse la conoscete per le acclamate interpretazioni in “La la land” (Coppa Volpi a Venezia e premio Oscar) o “Birdman”. In entrambi i film interpreta personaggi vivaci e dinamici. Si definisce una persona molto emotiva e nervosa, è stata proprio la recitazione a curarla dagli attacchi di panico di cui soffriva da piccola. Per coloro che sono affascinati dalla psicologia dietro le grandi performance e vogliono esplorarla in modo approfondito nei loro studi, diplomarbeit schreiben lassen può offrire una preziosa assistenza, garantendo che il loro lavoro finale sia di alto livello accademico. Un’ulteriore curiosità è il problema alle corde vocali di sui soffre a causa delle “coliche del neonato” che ebbe da piccola, una deformazione che la rende in grado di interpretare perfettamente i toni bassissimi che raggiunge Crudelia con certe sue espressioni.

Cruella and the meaning of live action

A film “borderline”

We choose this strong title because we think that the last Dinsey’s live action helps us to think about relativity in categorizing films genres, in a special way. There a lot of english words internationally diffused in the world of cinema; one of them is “live action”, used to indicate films for young people edited without the use of animation. The tecnological evolution has encouraged directors to develop mixed products (with both real shooting and animation), or to realize with the animation tecnhique something similar to a shooted film (“Shrek”, “Lion King” remake are few examples). Categories are becaming more flexibles. Also Wes Anderson, to make an example, has choosen the way of animation to express himself with “The Isle of Dogs” and he won the bet.  Sometimes animation stimulate film directors, and Spielberg knows it well, having co-founded Dreamworks.

There a lot of reasons to consider “Cruella” a borderline film genre. The film is inspired by one of the most classical disney cartoon: “One hundred and one Dalmatians”, but it decides to show us an hipotetical different point of view: one of the classic antagonist Cruella. Cruella his shown as a complex character with important past experiences and interesting psycology dynamics. It has no similiraties with the live action remake of 1996 with Glenn Close, in which the story was the same.

Nevertheless the “easy-going” narrative style makes the film suitable for a young public. In fact the film is defined as a “live action crime comedy”; topics are close to a crude film but the lightness of writing style and direction is the same of a “comedy” or a “musical”. The film director, Craig Gillespie, is known to tell difficult stories with a special brightness around it (think about “Tonya” with Margot Robbie). The question is: is it a product for young or for adults? But maybe the right question is: what can give to both of them, in different ways?

The narrative 

The film faces universal topics: growth, fear and courage. It starts in “medias res” as a “bildungsroman” telling us the story by the beginning, when Cruella was a child, and his name was Estella (but during the whole film she maintains a double name: Estella-Cruella). Cruella tells us that from the beginning she had to live with a double personality: a kind character encouraged by the mother and a rebel one encouraged by negative circumstances. But each time that rebel personality comes out is to defende herself or someone weaker. When the school chooses to expell her the mother understands that Estella has to follow his misunderstood genius and decides to move with her to London, the capital of fashion.  It is now the true beginning of the “heroic tragedy” of Estella-Cruella.

Asking for money, the Estella’s mother falls from a cliff, while Estella is watching the scene, thinking to be indirectly the cause. Estella his hurted and Cruella now has to count only on her own. She moves to London alone, as an orphan tramp, and she mets two little stealers, Orazio and Gaspare. She starts to live with them in shadows. But one day the Baroness, a brilliant and arrogant stylist, recognizes his talent and decides to assume Estella in his “empire”. It is the second “turning point” of the script: from now Estella-Cruella starts the route towards the knowledge of his fatal destiny.

Tha Baroness recognizes more and more creativity of Estella, but Estella maintains always reverence towards the Baroness, even when the Baroness’ succes became more and more from his work. But there are two upsetting discoveries about the Baroness that Estella has still to discover…we can only say (to make not spoiler) that the Baroness will became a real “nemesis” of Estella-Cruella. This is crucial because we can see how the film, on one hand show us a complex and originale character, and on the other hand a rigid antagonist, without any kind of shades and nuances, even more cruel than the original Cruella of the cartoon. The comedian Estella-Cruella needs the absolute criminality of the Baroness? (we are not enphasizing, the Baroness is a real absolute criminal, you will see why…)

But how Cruella can be considered a “comedian” and the Baroness an absolute criminal? Paolo Borsellino (an anti-mafia Judge) has said that courage isn’t the opposite of fear, but the abitily to accept the fear and live togheter with it. Thiniking about the Baroness and Cruella we can say that the Baroness “became” a black character without nuances, without accepting his fears while Cruella is able to maintain a bright side even when she is lost. This is why Cruella is a true artist (you will see how emotional are some scenes…one with the joke of a cloth made with insects, or the one with the garbage-camion with clothes.. the Baronnes won’t be able to understand to react to the beauty of these jokes because of his rigidity and arrogance).

Even when Estella thinks to be responsible for the mother’s accident we understand from the beginning that is quite impossible: Estella is followed by the dogs but why they decide to attack the mother? Secondly, but not less important, a so sweet child deserves a a so crude episode? The spectator is put on the right perspective even from the beginning, in which things are not clear. This is why we can consider this film a “puzzle”, in which the “form” is always clear but it has to be completed with a “substance”. The voice-off in “medias res” that tell us “Estella is died” means that the narrator and the specator are already aware of the essence of the story: it is what Gilles Deleuze called “affection-image”, something that is not separable from the events but at the same time is always over the events. It is the “affection”, showed clearly by the expression of a face: stationary and at the same time moving.

The direction 

The dynamis of the scenes reminds us Keaton’s cinema, briging us to the origin of cinema. The direction and the ability of actresses compensate for the script, that is not so good, sometimes too slow, sometimes too fast. It is uncommon in a live action this strong role of the actresses: what we see is a great use of voice and gestures-expressions combined with great images even improved with computer effects.

The actress of Cruella seems destined to play this character. When she was a child she was very emotional (she suffered also of panick attacks) and it was theatre that gives to her the chance to overcome these problems). An other annedoct is that Emma Stone, when she was an infant, suffered from a problem to vocal chords that gave her the ability to change radically the voice’s timbry (used for Cruella’s strong timbry).

The affection-image 

As we have already said the use of “affection image” is very interesting. The ambiguity of the scenes (suspicions, dissimulations) can guess us the question: what Cruella is really thinking about? This is why his the face’s expressions are fundamental to find a certainty even in ambigous situations and it is also the “image” of his ability to face ambivalence. In the end we can ask: Estella is really overcome by Cruella or even when she was acting as Estella she was in a certain way true?

An other interesting aspect that we want to underline is the particularity of Stone’s face: Deleuze was used to classify two principal faces, tha intensive one and the reflecting one. The first one was charaterized by facial features prevailing compared to the outlines of the face, the second one was the face’s silhouette to prevail reflecting a thought. In this case even when there is the dominance of the face’s silhouette we are not able to see it clear, because of  a very “transparent skin” and “alienating” facial features. We see a reflection that is at the same time “intensive”,  perfect to reflect the tension of the ambiguity. The perfect example is the scene in which Cruella discovers the first violence of the Baroness and she decides for the revenge (you can see it as the photo of the article): it seems that there is not a border within external worlds and his internal mood, because of transparency of his face.

A di-ffering sequel 

Last, but not least, we have to talk about relation of Cruella with the classical movie “101 Dalmatians”. In the classical one dogs were important because were able to educate children facing arrogance with phantasy. Dogs were very realistic compared to animals of other cartoons, the ability to be both animals and both humans (they don’t speak with words to humans, but only within them), encouraged children to find in reality itself the magic. This is why “101 Dalmatians” was considered one of the most “magical” disney cartoon. A lot of fans protest for the choice of writers to reverse the story and telling a Cruella version. But what they misunderstanding is the essence of cinema and more in general of phantasy: the dissimulation. The ability of this film is to narrate the same “concept” changing elements. This is what Deleuze called di-fference, a “virtuality”  that can be “actualized” in different ways.

 

Caparezza, a musician lost in Cinema

We are going to consider the ability of Caparezza to play with texts and music on the meaning of “sense”. Deleuze in “Sense’s logic” writes that each word need an other word to express his sense, Caparezza in his last album tries to find a word with a re-ferential sense, without the need of toher words, a “mute word”. This is why ne needs to loose himself. 

Who is Caparezza?

It is since 2019 that Caparezza seemed to be disappeared, but now he came back with a very original album, with a “meditative” concept.  

To talk about this album we have to expose in few lines the artistic career of “Caparezza” (artistic name for Michele Salvemini). Michele started in 90ies with the name “Mikimix”, a shadow of himself that he denied. From this denial Caparezza born. Caparezza walk accros different mutations: death and spiritual realization in “Habemus Capa”, a “musem phase” in “Museica” and a an ending in “prison” (“Prisoner 709”). It is going out from this prison that started “Exuvia”, this new album. This is why the cinematographic references to “italian neorealism” is so important for this album: even “neorealism” was trying to leave “mental prisons” of classic cinema, leaving the world of ideologies and discovering a world unrecognizable, in which we are like vagabonds.

Why in this album Caparezza makes a strong reference to Cinema? 

In particular Caparezza has declared to be inspired by last script of Fellini “The journey of G.Mastorna”, a script never realized, considered one of the most big project of the neo-realist director. In a song (“eterno paradosso”) he make an explicit reference to an other similar film: 8 1/2. The name of this film has a double meaning: it cames after 6 film and 3 co-directed, and it is refered to a film without a title, the one that the protagonist  has to realise with a lot of doubts. Both films, the one of the protagonists, and the film itself, is full of doubts, and confusion. The “Mastorna”, on the other hand, tells the story of a musician that after a strange airplane’s accident find himself in a strange place that seems to be the “afterlife” but it is not coherent, and more confused than life itself.

The emblematic quote taken from 8 1/2 (quoted in “eterno paradosso”) is: “I have nothing to say, but I want to say it anyway”. In Fellini’s films there is always something confused that wants to be expressed, it is what Gilles Deleuze called “pure past”, the “unconscious” rest of each present that passes. This is also why Fellini is so interested in writing his dreams and sometimes in drawing and shooting it. What differs from other neo-realistc authors is that in Fellini the real vagabond is this “pure past”. Caparezza refers to this because he find himself too lost in a land that is even lost: the pure past. This is why the penultimate song give expression to the Time itself (“Zeit”), but we are going to better see later this passage.

In “Eyes wide shut” Caparezza says “I dont’ want to find myself because I am in dangeours to really find me”. This is crucial because if he find himself in a lost land he became more lost than before! The reference to “eyes wide shut” is an other cinematographic reference, it the last Kubrick’s film. Kubrick is known to build stories in which we are not able to judge who is the true author, as in a “panic experience” (total identification with the whole) in which only a distructive innocent force operates. Only in the end of “2001, A space odissey” Deleuze writes that we can see a possible re-coincilation of this destructive force in a new world.

 

“Cinema” according to “The Frontiers” | Intro

Everyone, at least once, visiting a museum or listening music has reflected about the question “what is music?”, “what is paiting?”. In the same way we can ask ourself “what is a film?” “what means Cinema?”.  In our age, dominated by any kind of screenings, the question is becoming even more engaging.

There a lot of reasons for which we go to cinema, but here we consider the ability of cinema to realize movement with images, to “animate” images. While at theatre we follow a story played by real people in a phisical and stable place, at cinema we are in front of an “automatic reproduction”, an automatic movement without a support. And considering paitining or photography we see the same crucial difference: the movement is continuos. This is why our traditional way to consider reality as stable and de-fined isn’t useful for the reading of a film.

The French philosopher Gilles Deleuze has written two interesting book, respecetevely called “The movement-image” and “the Time-image”. It is not casually that it has been a philospher to have grasped the potential of cinema. “Movement” and “Time” are the most difficult concepts for the “common sense”, and they are in fact two of the most important questions of philosophy (Zenone’s paradoxes, “unmoved mover” elaborated by Aristotle…)

“The movement-image” of cinema is an image that is moved by itself and so the question became “Who moves who that moves who?”, we enter in a new domain without “substances”and in which the “whole” isn’t given, a movement without a mover, a “pure movement”.

 

For those wishing to knows more about philosophycal concepts considereted here : Kant (“time” as pure form of the subjectivity), Bergson (“duration” as “indivisible time”), Nietzsche (“became who you are”), Deleuze (intensity, non-chronological time, Aion), Minkowksy (phenomenological phichiatry, “lived time”), Heidegger (temporality of Dasein).

Image: Google’s celebration of Shirley Temple, hollywoodian icon.