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Il cristallo di tempo in Suspiria di Argento

Immagine-tempo cristallo: si vede al suo interno il paradosso costitutivo del Tempo: il presente che passa e il passato che si conserva

Immagine-affezione: tendenza motrice su una lastra immobilizzata, occupa lo spazio di esitazione tra una percezione e un’azione

Gli anni di piombo e la guerra fredda: un mondo troppo serio per essere reale

Suspiria esce nel 77, un periodo molto cupo in Italia, a causa del terrorismo e di un nuovo fermento politico post 68 capace di unire le nuove angosce della metropoli a nuove tensioni energiche-sessuali. A Bologna nasce anche la rivista Frigidaire con Andrea Pazienza. Suspiria segna il passaggio per Argento dal giallo all’horror e inventa un’esperienza cinematografica del tutto originale, che influenzerà diversi film futuri, e al contempo rimarrà unico ed irripetibile. Argento si serve infatti di una tecnica, a quel tempo appena diventata obsoleta: il tecnhicolor. E decide di sfruttarlo come mai nessuno aveva fatto prima, regalandoci un’esperienza psichedelica ai confini con la pittura.

La storia è semplice e non priva di buchi narrativi, ma ciò che interessa al regista non è tanto la consequenzialità logica degli eventi, quanto quella psicologica. Il film si fonda sul potere della suggestione.

Susie Bannet,  una giovane ragazza, si reca in una famosa scuola di ballo, salvo poi scoprire essere gestita da diaboliche streghe con l’obiettivo di manipolare e ammazzare. Il film mette in scena la traversata di Susie in questo mondo infestato. Già la scena iniziale, un banale arrivo all’areoporto durante una sera di fitta pioggia,  si trasforma in un’inquietante esperienza impregnata di diabolico. Le auto sfrecciano in maniera normale, come in qualunque città arrivati all’areoporto, ma la melodia e la pioggia ci suggeriscono che nulla di quello che stiamo vedendo sarà “normale”… Anche una banale interazione con uno stanco e introverso tassista sembra introdurre Susie alla diabolicità del mondo di Friburgo. Tutto è così banale e anonimo da diventare pericolosamente manipolabile dalle suggestioni. Da non sottovalutare la scelta di Argento di ambientare il film nella patria del gotico, la Germania.  La scena in cui Susie viene risucchiata dalle energie e costretta a ballare nonostante non riesca a reggersi in piedi per poi svenire a terra, sembra richiamare la spettacolarità e l’energia dell’irrazionale tedesco che esaltava le masse fino a esaurirle. Forse non è così banale la coincidenza di girare una scena di aggressione in una di quelle piazze animate da Hitler.

Come dicevamo, l’intreccio e le informazioni narrative circa personaggi e contesti vengono ridotte al minimo in quanto non necessarie allo stesso sviluppo della storia, e gli unici elementi che uniscono i personaggi, legandoli a questa strana esperienza, sono le suggestioni.  In fondo si tratta di una delle tante storie di streghe, non c’è nulla di complesso da capire.  Lo psichiatra esperto di queste cose da cui si reca Susie Banner in cerca di spiegazioni lo dice chiaramente: “si può benissimo ridere di queste cose ma ricorda: la magia è quella che cosa che ovunque sempre da tutti è creduta.” La scena è rivelatoria, e non a caso ripresa con giochi di specularità: il momento in cui lo psichiatra rivela questo pensiero chiave è ripreso attraverso il riflesso della porta di vetro, come a suggerire come l’intera esperienza non sia nient’altro che un gioco di riflessi e quindi effettivamente una materia di ipnosi e credenza. Il vero strumento diabolico delle streghe, come di ogni mago, è l’illusionismo e questo film ce lo dimostra. Ecco perché lo stratagemma (sempre illusionistico) di raccontare una storia di streghe, apparentemente fiabesca, vuole smascherare anche i meccanismi della politica dell’epoca: in fondo tra la magia nera e il terrorismo nero non c’è grossa differenza…

L’unica intenzione chiara, come ci dice lo psichiatra, è la conservazione della scuola stessa difendendola da chiunque rischia di farla scoprire o viene semplicemente vissuto come minaccia. (Anche qui un tema politico del “potere” che conserva se stesso).  Susie Banner con la sua purezza e forza d’animo è sentita fin dall’inizio come una minaccia. Da far notare come il viso e le espressioni del volto siano perfettamente in grado di mantenere un’inalterabilità di fondo e al contempo una grande emotività (dovuta al binomio dolcezza-rigidità delle fattezze del volto). L’insegnante subito si accorge della forza di volontà di Susie quando lei cambia idea riguardo la permanenza nella scuola durante la notte e chiede di stare fuori in affitto…l’espediente di farla svenire (citato sopra) farà in modo di farla rimanere contro la sua volontà.

L’immagine-tempo cristallo 

Deleuze analizzando la nouvelle vague e il neorealismo si rende conto di come i personaggi protagonisti non siano più in grado di rispondere a se stessi e al mondo circostante, quasi come fossero “spettatori” più che “attori”. Anche in questo caso siamo di fronte a un’immagine-tempo, ovvero a “percezioni ottiche e sonore pure” in cui gli schemi senso-motori classici vengono a mancare, perché i personaggi sembrano incapaci di rispondere di loro stessi, immersi in eventi visivi-sonori più grandi di loro. Per seguire un’immagine-tempo non bisogna quindi seguire dei centri sensi-motori (personaggi) come causa o effetto dei cambiamenti, ma il cambiamento stesso (l’immagine-movimento) come causa o effetto di se stesso, e quindi considerare il Tempo in se stesso. Nel caso di Suspiria abbiamo una serie di “eventi” terrificanti, apparentemente sconnessi, ma connessi dalle suggestioni visive. Il vero responsabile/autore e le sue intenzioni non le vediamo mai. Solo nelle scena dello psichiatra viene raccontata la storia della scuola e dello spirito della direttrice, ma circa le sue precise intenzioni, se non quella del “puro male” non ci viene detto nulla. Venendo a mancare un centro visibile da cui passano gli eventi e le azioni assistiamo a una di quelle immagini che Deleuze chiamava “percezioni ottiche e sonore pure”, o immagini-tempo. E in questo caso particolare assistiamo a dei presenti confusi con un passato puro (l’incendio della scuola in cui la Madre è morta e richiama il mistero dietro alla vicenda). Normalmente il “passato puro” è ciò che nessun presente-passato potrà mai raggiungere, è quello che Deleuze chiama il “virtuale” da non confondere con l'”attuale”. Nel caso della leggenda/profezia che fa da sfondo a Suspiria assistiamo a un presente-passato che si traveste da passato puro, cercando di ricondurre tutti i presenti alle proprie intenzioni diaboliche. Le streghe sfruttano costringono i personaggi a fare quello che loro stesse vogliono, impedendo ai presenti di passare, perché “posseduti” dalle intenzioni delle streghe. In questo senso la mancanza di volontà chiare dei personaggi e l’evanescenza degli ambienti rendono i presenti preda del passato puro. Il cristallo di tempo di Suspiria sfrutta la non chiarezza, il nascondimento, di un presente, per manipolarlo. Ad esempio in una sequenza: sguardo del cane ipnotizzato, sguardo del bambino incredulo ipnotizzante, e urla del bambino aggredito senza mostrare la scena riprendendo l’insegnante che attraversa il corridoio.  L’insegnante urla al pianista, il pianista interrompe la musica, l’insegnante accusa il pianista.  Il pianista reagisce indignato, l’insegnante butta a terra il suo vestito e lo caccia, il pianista se ne va contento “finalmente aria fresca, perché io sono cieco, non sordo, e chi vuole capire capisca…” (ripreso dall’alto con contorni sfocati richiamando la panoramica della scena in piazza in cui verrà ucciso).

Ecco la potenzialità del buco narrativo, alla fine ci domandiamo: ma allora Susie come riesce a sottrarsi all’incantesimo? Proprio sfruttando il punto cieco del passato puro, la via d’uscita dall’illusione, che è poi l’ambiguità costitutiva di ogni presente, la sua doppia faccia attuale-virtuale (si può uccidere una Madre che è già morta?). Non è un caso che nel remake del 2018 Guadagnino ricrei una Susie individuata dalle madri come possibile “destinata”, “erede” della scuola…

Per questo l’inquadratura del riflesso di Susie e lo psichiatra suggerisce allo spettatore la chiave di volta del film: solo la consapevolezza dell’ambiguità del presente (la sua confusione con un passato virtuale che lo fa passare) può liberare dall’incantesimo. Il pianista è cieco, non sordo, dice di aver capito, potrebbe fuggire da solo, invece si fa manipolare e non decide. Susie, al contrario, quasi non ci crede, ma il monito dello psichiatra le sarà d’aiuto: la stregoneria ovunque e da tutti viene creduta, le illusioni fanno parte della vita e occorre capire come ogni cosa abbia un suo “riflesso” (presente virtuale) per poterla affrontare davvero…e non limitarsi a una “pittura”. Susie capisce che la Madre muore dopo l’incendio, ma che specularmente può essere la madre muore prima dell’incendio.   In altre parole l’intenzione delle streghe era proprio quella: la distruzione fino al proprio annichilimento. Il passato puro è questo male perpetuato di cui non si vede, o meglio non si vuol far vedere, l’autore. Occorre quindi sfruttare il punto cieco per ribaltare la prospettiva (iconico il cambiamento di dimensioni nella scena finale) e imporre il proprio sguardo.