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Sorrentino e il trucco di esistere

Sorrentino e il trucco di esistere

Prendiamo in esame una scena de “La grande bellezza”, quella in cui Jep Gambardella parla con un suo amico “mago”/illusionista.

La scena inizia con una panoramica in movimento che si avvicina lentamente a Jep, il quale appare dopo pochi secondi mentre si avvicina. Prima nota: la telecamera è già dentro al luogo verso dove Jep si sta dirigendo, e non solo, la scena inizialmente è deserta e Jep appare dopo pochi secondi.

Jep e la telecamera si vengono incontro fino a che non vediamo Jep in piano medio intento a guardare dall’alto verso il basso con un certo stupore. Notiamo anche come egli tenga una mano in tasca e con l’altra mano una sigaretta, mentre assume una postura sbilenca (anche la luce si disegna a mezza luna coprendogli gli occhi).

Con una panoramica da dietro finalmente possiamo vedere cosa Jep sta osservando, una giraffa. Allora non era così deserto quel luogo? Il deserto è abitato. E questa è una prima eco heidegeriana/holderliana.

Di nuovo inquadrato in primo piano, Jep si toglie il cappello mentre la telecamera si alza sempre di più sopra di lui, con un movimento vertiginoso, tanto che verrebbe da dire: sta alzando il collo anche lui?

Ed ecco la giraffa finalmente in soggettiva.

Una voce fuori campo “Jep!” E’ Arturo, il suo amico mago che si è accorto di Jep e si avvicina a lui chiedendogli con un accento straniero “che ci fai da questi parti?” “Arturo? Ma che ci fai tu qua?” risponde Jep. “Come che ci faccio? Provo il mio spettacolo di magia…questo è il numero clou di domani sera, la scomparsa della giraffa!” (con fare cadenzato)

Dopo un dialogo campo-controcampo sul numero di magia, Jep inquadrato in piano medio, con la presenza di Arturo solo suggerita, chiede “e allora fai sparire pure a me!”.

Seconda nota: la presenza dell’altra persona viene suggerita, ma paradossalmente essa si fa maggiormente sentire. Si può dire che la presenza persiste nel suo essere presente anche se non la si guarda per intero. Non solo ma nel piano medio di Jep questa volta l’inquadratura si ferma insistentemente come a intensificare il sentimento provato dal protagonista. Con il solo cambio di prospettiva (un trucco) Sorrentino ci mostra l’interiorità e il sentimento del personaggio.

E infatti Arturo risponde: “Ma Jep…se si potessero davvero far sparire le persone pensi che me ne starei qui a far queste baracconate? E’è solo un trucco, è solo un trucco“. E mentre parla viene inquadrato lasciando maggior spazio vuoto a sinistra (la direzione da cui parte lo sguardo che rivolge a Jep). Di nuovo la presenza della persona viene suggerita da un’inquadratura per così dire “inter-soggettiva”.

Mentre Arturo rimarca “è solo un trucco” dall’alto  vediamo parte della giraffa, Arturo che se ne va e un’altra figura che compare dietro a Jep: è Romano, il suo amico.  NEL MOMENTO in cui Jep guarda Arturo viene guardato da Romano, ecco l’illusionismo.

La venuta in avanti dell’amico avviene mentre Jep sta guardando l’andata provvisoria dell’altro. Non si fa in tempo a lasciare qualcosa che ne arriva un’altra.

Romano è triste anche se dice che il suo spettacolo è andato bene, “hanno applaudito”. “E allora perchè sei così triste?” “Ma non so’ triste..”

“Che ci fa quella giraffa là?” chiede Romano, ma più per cambiare discorso e rimanendo solido nel suo cruccio (per tutto il film è un personaggio malinconico, non a caso in questa scena vestito di nero).

Ed eccolo dopo inquadrato in primo piano mentre racconta a Jep di essersi stufato di Roma e di voler andarsene via.

Ma anche questo è solo un trucco…un’escamotage, una reazione. Il nostro far su e giù, il nostro camminare è il nostro pro-gettare (il nostro essere presi da qualcosa), direbbe Heidegger. E’ il nostro modo essere-al-mondo.

E infatti dopo che Romano se n’è andato appare Arturo che ha eseguito la scomparsa della giraffa NEL MOMENTO in cui  Jep stava salutando l’amico e si stava per rigirare. “Jep? Hai visto?”

Arturo non solo nel frattempo che Jep parlava con Romano era tornata (anche se lo deduciamo) ma ha anche eseguito il numero di magia (anche se non sappiamo esattamente quanto ci abbia messo a farlo). E in fondo anche se Jep fosse rimasto a guardare avrebbe comunque visto una magia, e non visto del tutto il trucco.

Ma attenzione, si fa un errore a pensare ai due piani della scena come divisi, la magia sta nella complementarietà dei due piani, nel fatto che Jep partecipi a una sola scena. Non fa in tempo ad accadere una cosa che accade anche l’altra.

Possiamo dire con un linguaggio heidegeriano, che si  lasciano-accadere le cose proprio mentre le si man-tengono. In questo senso si collega e si custodisce, secondo Heidegger era questo il senso del logos (parlare, legare) inteso come “raccoglimento”.

scena giraffa La grande bellezza

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